(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)
Articolo pubblicato da Vicenç Navarro nella rubrica “Pensamiento Critico” del quotidiano “Público” il 18/12/2012
Questo articolo segnala le ragioni per cui il debito pubblico dei paesi periferici della Eurozona è artificialmente esagerato e spiega come esso sia dovuto al eccessivo potere che il capitale finanziario esercita oggi in tale zona. L’articolo indica che il debito non dovrebbe essere pagato, poiché risponde a delle pratiche che non si dovrebbero accettare.
(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)
Il debito pubblico accumulato dai paesi dell’ Eurozona è impagabile. Ha raggiunto un livello che gli stati non potranno pagare. Ciò riguarda praticamente tutti i paesi, ma è specialmente vero per i paesi precedentemente denominati PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), ed ora chiamati GIPSI (acronimo che include l’Italia). In tutti questi paesi il debito pubblico è superiore ai livelli permessi dal Trattato di Maastrich, che stabilì le condizioni che gli stessi dovevano seguire per entrare e rimanere nell’euro.
Davanti a tale situazione, bisognerebbe porsi due domande. La prima è: Quali sarebbero le conseguenze per gli stati che non pagassero il debito? La seconda: Bisognerebbe pagarlo questo debito? In realtà gli Stati non dovrebbero pagare il debito, anche se fossero nelle condizioni di poterlo fare, perché questo debito è esagerato e l’interesse che gli Stati sono stati forzati a pagare per poter ottenere del denaro in prestito, ovvero per far si che le banche comprassero buoni del tesoro, è artificialmente alto ed immorale. E se dico immorale, è perché l’esigenza di pagare un interesse alto nasce dal fatto che le stesse banche, attraverso la loro lobby, ovvero la Banca Centrale Europea (BCE), hanno creato questa situazione intollerabile nella quale gli Stati non possono far altro che pagare interessi esagerati per ottenere denaro in prestito; Infatti lo Stato, a differenza delle bache, non può chiedere soldi in prestito alla BCE.
È come se una persona, dopo aver rubato dei soldi ad un’altra persona avesse la faccia tosta di prestare gli stessi soldi alla persona derubata (che non ha altra fonte a cui attingere), ad interessi altissimi. Il ladro deruberebbe due volte il malcapitato. Questo è quello che le banche hanno fatto. Hanno eliminato lo strumento che gli Stati avevano a disposizione per proteggersi dalla speculazione delle banche e così facendo hanno ottenuto interessi dei buoni del tesoro altissimi (si veda anche “La estafa de la deuda Pública”, in El Plural, 29/11/2012).
Inoltre, è importante informare i cittadini che gli Stati possono trovare risorse senza bisogno di indebitarsi. La negazione di questa possibilità giustifica e conferisce legittimità ai tagli alla spesa pubblica, inclusa quella sociale. In realtà gli Stati hanno enormi risorse che non si stanno toccando. Per esempio, se analizziamo il demanio pubblico di ognuno degli Stati, vediamo come il totale sia di molte volte superiore al debito pubblico. Questa è la miniera d’oro alla quale i creditori, ovvero le banche, vorrebbero metter mano. Questi Stati dovrebbero resistere e non cedere a questa volontà, perché una volta vendute le loro proprietà, non saprebbero su quali basi appoggiarsi in futuro.
Ciononostante esiste un’enorme proprietà privata che ha continuato a crescere e concentrarsi in questi tempi di recessione, in cui le disuguaglianze tra le rendite e la proproetà sono aumentate esponenzialmente. Per esempio, in Italia, il paese che tra i GIPSI ha il maggior debito pubblico (l’OCDE calcola che nel 2013 sarà circa li 122% del PIL) investimenti privati e terreni rappresentano niente meno che il 377% del PIL, gli investimenti finanziari rappresentano il 237% del PIL, e così via. Stefan Bach, in un interessante articolo “Capital Levies – A Step Towards Improving Public Finances in Europe”, nel “Social Policy Journal” calcola che attraverso un incremento del 5% delle imposte su tali proprietà private si potrebbe ottenere l’equivalente del 15% del PIL. Questa misura farebbe dimimuire l’ enorme debito pubblico itaiano e contribuirebbe contemporaneamente a ridurre le disuguaglianze. Non ci sono studi analoghi che riguardino la Spagna, ma è probabile che le quantità siano simili.
Un’altra fonte di ingresso è rappresentata dalle rendite da capitale investite in attività speculative attraverso le banche. Includo in questa categoria la fuga di capitali verso paradisi fiscali o altri paesi. Persino la Banca Mondiale, un organismo di chiaro orientamento conservatore, ha documentato che in tutti i paesi ad alto debito i fondi depositati all’estero rappresentano una quantità molto maggiore del debito pubblico (si veda il libro Debt, the IMF and the World Bank. Monthly Review Press 2010, scritto da Eric Toussaint y Damien Millet).
La Spagna, uno dei paesi con maggiori disuguaglianze dell’OCDE può e deve recuperare fondi da chi beneficiò maggiormente negli anni di prosperità. Tra le grandi fortune, le grandi aziende e le banche (che hanno ricevuto fondi pubblici per una quantità equivalente a niente meno che il 10% del PIL) soldi ce ne sono in abbondanza. Il problema è che lo Stato non li raccoglie. Inflenzato dalle grandi fortune, le grandi aziende e le banche, lo Stato preferisce indebitarsi, beneficiando così le banche, alle quali bisognerà pagare con i soldi pubblici degli interessi altissimi. Uno scandalo.