(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)
Articolo pubblicato da Vicenç Navarro nella rubrica “Dominio Publico” del quotidiano PÚBLICO, il 15/08/2013
In questo articolo si segnala che stanno riapparendo teorie che spiegherebbero le disuguaglianze sociali basandosi sulla struttura genetica delle persone. Come già successo durante in nazismo, queste teorie cercano di trasformare una questione sociale in una questione biologica.
Secondo un’ideologia promossa dai circoli conservatori e neoliberisti per giustificare l’enorme aumento delle disuguaglianze che caratterizza il mondo contemporaneo (risultato per l’appunto di politiche conservatrici e neoliberiste) le disuguaglianze sarebbero la conseguenza della diversità genetica all’interno di popolazioni diseguali. Secondo questa teoria, le diseguaglianze di reddito sarebbero il risultato della diversità della composizione genetica della popolazione. In accordo con queste teorie, gli autori di un articolo recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science” (“GWAS of 126,559 individuals identifies genetic variants associated with educational attainment”. Science, 21. Junio de 2013) mostrano come la struttura genetica di una persona o di un gruppo etnico costituirebbe le causa del sottosviluppo educativo e, quindi, del loro reddito. Ed all’Università di Harvard è stata recentemente approvata e pubblicata una tesi di dottorato, “IQ and Immigration Policy”, di Jason Richwine, nella quale si sostiene che negli Stati Uniti gli ispanici, provenienti da paesi di lingua spagnola, tendono a collocarsi nelle classi meno abbienti e con meno risorse a causa di una loro presunta inferiore struttura genetica, che, secondo l’autore, sarebbe meno sviluppata e di minor qualità rispetto a quella che caratterizza la popolazione bianca nata negli Stati Uniti. Per dimostrare la sua tesi, l’autore presuppone che la struttura genetica degli ispanici sia diversa da quella dei bianchi originari degli Stati Uniti. E, vedendo che il quoziente d’intelligenza (che è un numero ottenuto in un test progettato per misurare l’intelligenza) dei bianchi nati negli USA è superiore a quello degli ispanici, conclude che la presunta inferiorità degli ispanici sia dovuta alla loro inferiore struttura genetica. Il fatto che questa tesi di dottorato sia stata approvata da uno dei centri più prestigiosi del mondo accademico statunitense è sorprendente.
Gli errori e le falsità di questo studio sono molteplici. Innanzitutto è sbagliato presupporre che esista una struttura genetica propria degli ispanici, un gruppo che più che etnico è culturale, e che pertanto è caratterizzato da un’enorme diversità genetica. La supposizione di uniformità genetica è di per se una considerazione altamente soggettiva dai chiari toni razzisti. Cosa che viene poi confermata quando il dottorando attribuisce la povertà dell’America Latina all’inferiorità genetica delle popolazioni che vivono in quel continente, rispetto alla struttura genetica degli statunitensi bianchi, che secondo l’autore avrebbero anch’essi delle caratteristiche genetiche uniformi tra loro. Per giungere alle conclusioni della tesi di dottorato l’autore presuppone che la qualità e lo sviluppo intellettuale di una persona possano misurarsi obbiettivamente attraverso il quoziente intellettivo, una prova ampiamente riconosciuta proprio per la sua tendenziosità classista, visto che più che una misura del livello intellettuale è una misura dell’abilità di risposta al test, abilità determinata dal contesto sociale dell’individuo.
Il fatto che una tesi minata da tante debolezze metodologiche sia stata approvata in un centro accademico come l’università di Harvard la dice lunga sul clima ideologico che si respira nei circoli dell’establishment statunitense, in un momento di assoluto dominio neoliberista. Tale dominio richiede una teoria egemonica, che legittimi e giustifichi l’enorme aumento delle disuguaglianze. Questa teoria, nella quale ciò che attiene al sociale si presenta come attinente al biologico, ricorda le teorie genetiste del nazismo, che oggi vengono insegnate senza alcun pudore in alcuni centri accademici statunitensi.
È interessante vedere come le proteste che questo studio ha generato negli Stati Uniti (ed incluso all’interno di Harvard) siano rimaste inascoltate dalle autorità accademiche di Harvard, e siano state invece considerate un attacco alla libertà di conoscenza e di ricerca, libertà che ad Harvard, come nella grande maggioranza dei centri accademici nordamericani è, tra l’altro, enormemente limitata, dato che la loro diversità ideologica è molto squilibrata a favore di posizioni conservatrici e neoliberiste, scarsamente sensibili al pensiero critico. In realtà questo opuscolo (legittimato al presentarsi come tesi di dottorato) cerca di giustificare la struttura di potere che finanzia, appoggia e promuove questo tipo di studi, escludendo gli intellettuali critici verso tale struttura e appoggiando, al loro posto, intellettuali che ne favoriscano ulteriormente il potere, a prescindere dal fatto che essi possano assumere posizioni chiaramente estremiste.
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